Sono cresciuto vedendo intorno a noi persone che avevano un lavoro e lo svolgevano per tutta la loro vita, o almeno per periodi abbastanza lunghi, e sempre con il sorriso nel loro volto.
Ho chiaro e lucido nella mia mente il viso del ragazzo che rifaceva i tacchi all’UPIM di via Dante a Cagliari: dieci anni fa l’ho rivisto dopo circa trent’anni, probabilmente ormai in procinto di andare in pensione, era ancora sempre li, un’istituzione.
I custodi, i baristi, i camerieri, i factotum, ma anche gli idraulici, gli elettricisti, i commessi, ormai non sono più un’istituzione: cambiano continuamente lavoro, e vagano insieme alla loro illusione per la ricerca di qualcosa che forse neppure esiste. Cambia anche il loro volto: è un volto pieno di insoddisfazione per l’insufficienza del loro stipendio, pieno di speranza per un gratta e vinci “vincente” che non arriva mai, buio e arrabbiato per lo status sociale non raggiunto e soprattutto deluso per il benessere che gli è stato promesso e non mantenuto.
Ogni lavoro, per diventare mestiere e quindi professione, ha bisogno del suo tempo. Il tempo è necessario per impararlo, per acquisire l’esperienza necessaria per esserne padrone, per diventare sicuro nei movimenti, nelle affermazioni, nelle decisioni e nelle scelte che lo caratterizzano. Solo dopo questo tempo ognuno potrà essere certo che il lavoro che ha svolto o che dovrà ancora svolgere gli potrà dare i frutti per i quali si è impegnato e sacrificato.
Se poi, a causa di una predisposizione personale o per mille motivi di cui non è il caso soffermarsi, prevale la voglia di cambiamento o la ricerca di “qualcosa di meglio”, allora il cammino è sempre meglio che sia segnato non da una ricerca ossessiva di una maggiore o migliore soddisfazione economica, ma da una maggiore o migliore soddisfazione personale. Ma poi, dopo tutto questo, saremo realmente felici ?
Ho sentito dire queste parole: “Trovo che vi sia una bella parola in italiano che è molto più calzante della parola felice, ed è contento, accontentarsi: uno che si accontenta è un uomo felice.” Tiziano Terzani.