Mi capita, ogni tanto, di entrare in un palazzo di un ufficio dove, fin dal momento in cui entro dal portone d’ingresso, respiro un profumo di pulito.
Cosi, ogni volta che sto per andarci, è come se mi aspettassi di sentirlo e quell’aria rende più piacevole un luogo che normalmente potrebbe essere anonimo.
Oggi, come sempre, ho aperto quel portone e come ho girato per salire le scale ho incontrato un signore che le stava lavando: sulla trentina, alto, pelato e con una barba folta, una specie di hipster con funzioni non proprio intellettuali che mi ha sorriso e salutato.
Non volendo rovinare il suo lavoro gli ho detto che avrei preso l’ascensore, anche se solo per un piano. Nel pigiare il bottone di chiamata, che comunque vedevo occupato, gli ho chiesto se fosse bloccato. Senza sospendere il movimento del suo straccio mi ha risposto che sicuramente l’aveva tenuto impegnato dall’interno sua moglie per poterlo pulire.
In quel momento si sono aperte le porte e da lì è uscita una signora, forse meno giovane di lui, sorridente e con in mano uno straccio che stava scorrendo per l’ultima pulizia dello specchio.
Provenivano da li gli stessi profumi di pulito e nel pavimento c’era ancora l’umidità dello straccio. Nel richiudere le porte per salire ho fatto di tutto per non rovinare anche il suo lavoro.
Ho sentito una sensazione di bellezza, la bellezza di una coppia che condivideva un lavoro semplice, ma fondamentale, con un sorriso e che, chissà, quali storie, quali esperienze e quali circostanze si stesse portando dentro, ma che in quel momento mi è piaciuto pensarla felice.
Ho sentito il bisogno di raccontare questa piccola storia perchè il bello che c’è intorno a noi è altrettanto bello condividerlo ed è giusto fargli prendere forma nell’attimo di un momento di un lavoro semplice, realizzato da due persone semplici, di cui probabilmente non ci accorgiamo o a cui, spesso, non diamo alcuna importanza.