Il bisogno di comunicare non cambia nel tempo, cambia il modo di soddisfarlo.
Questo principio, alla base della comunicazione, può essere spiegato con l’esempio di ciò che veniva utilizzato dagli uomini anticamente, i versi prima della parola, i tamburi o i segnali di fumo prima del telegrafo, la lettera prima della mail, il telefono prima del cellulare.
Da tempo utilizziamo per lo più i messaggi creati con Whatsapp o Telegram al posto degli sms ormai obsoleti e, per comodità o, come dicono molti, per poter comunicare qualcosa a qualcuno senza disturbare con una telefonata, i messaggi vocali.
Ogni giorno vengono inviati sette miliardi di messaggi vocali: di questi messaggi voglio parlare.
Quando sentiamo la necessità di dire qualcosa a qualcuno o quando è necessario rispondere ad un messaggio, attiviamo la funzione di registrazione vocale: e via, fiumi di parole e minuti a gogò che invadono il tempo del ricevente che spesso, prima di ascoltarlo, strabuzza gli occhi nel vedere la lunghezza in termini temporali. Da trenta secondi in su è già pesante ascoltarli e, anche se è stata introdotta la funzione per velocizzare l’ascolto, due, tre, cinque minuti o peggio sono sicuramente un delirio per chi li riceve.
Nondimeno risulta fastidioso il fatto che assistiamo a tristi monologhi da ambo le parti, trasmittente e ricevente, che invece, attraverso l’uso normale della telefonata, potrebbero dialogare e risolvere civilmente ed efficacemente controversie o discussioni di ogni tipo. Nella telefonata, normalmente si pesano le parole, si ascoltano le risposte, si segue un filo logico, si reagisce all’altro e si rimodula la conversazione.
Nella creazione dei messaggi vocali, invece, si fa un monologo che viene spedito per essere ascoltato da un altro individuo che poi registra un altro monologo di risposta e via cosi all’infinito.
Ma oggi riflettevo su un altro aspetto che ritengo più allarmante, circostanza già rappresentata, in tempi assai remoti, da una citazione latina: “verba volant, scripta manent”.
Anche se i latini non potevano immaginare che il “verba” si sarebbe potuto registrare e lo “scripta” della citazione era perlopiù riferito al fatto che ciò che veniva scritto avrebbe fornito prova dei fatti, potremo cambiare la citazione con un semplice “verba manent”.
Ricordo che in situazioni delicate, come rapporti di lavoro, problemi sentimentali, conflitti tra individui in genere, ed in mancanza di documentazioni scritte, veniva consigliato di registrare telefonate o conversazioni dal vivo, proprio perché la parola poteva essere determinante per risolvere controversie o peggio per incastrare un presunto colpevole di fronte alla giustizia. Cosi venivano in aiuto tecnologie in grado di registrare conversazioni dal vivo o telefoniche e, appena usciti i primi cellulari smartphone, ricordo che ci si condivideva qualche sistema software per poter intercettare il parlato.
Oggi, invece, siamo disposti a registrare fiumi di parole che provengono dal nostro numero di cellulare e verso i nostri interlocutori per dichiarare, accusare, inveire, protestare, urlare, raccontare, elencare, fatti o cose che potrebbero essere diffuse e condivise o peggio ritorcersi contro.
Parole registrate, parole che rimangono, parole che non vengono cancellate.
Lasciando perdere ogni riferimento alla fantomatica Privacy che da quando è stata introdotta ha creato molta meno riservatezza di prima, voglio solo far riflettere su questo aspetto: utilizzare i vocali per comunicare andrebbe fatto con molta attenzione e solo quando è strettamente necessario.
Cerchiamo di utilizzare la tecnologia per migliorare la nostra vita, per renderci più facili o veloci certe operazioni, per acquisire informazioni, per comunicare meglio.
Evitiamo di creare messaggi vocali per qualsiasi argomento o peggio quando dobbiamo realmente parlare con qualcuno o dobbiamo discutere, insieme, di qualcosa.
Utilizziamo i messaggi vocali per cose buone e giuste, per tutte le altre situazioni è sempre meglio telefonare oppure vedersi.
Buona tecnologia a tutti!